La vita, la Fede e la preghiera

Dal pulpito di ogni chiesa oggi abbiamo ascoltato San Giovanni sottolineare che Marta, Maria e Lazzaro erano amici di Gesù. le sorelle inviano un messaggio al Maestro per informarlo che il fratello si è ammalato. Gesù si commosse e “scoppiò in pianto”. Gesù non risponde all’istante alla chiamata delle sorelle, ma aspetta due giorni. Quando arriva nei pressi di Betania, Lazzaro è morto già da quattro giorni. Esisteva allora la credenza giudea che l’anima del defunto potesse vagare fuori dal corpo fino al terzo giorno, ma al quarto giorno il corpo cominciava a decomporsi. Una volta aperto il sepolcro, Gesù grida: “Lazzaro, vieni fuori!”

Non mi sono messo a diffondere il Verbo. No! Piuttosto, come mi capita di scrivere altre volte, vado in chiesa la domenica e cerco di portare a casa qualcosa.

Stavolta porto a casa confusione. Sì, perché se il Vangelo fosse una regola matematica, ogni qualvolta noi o qualcuno dei nostri cari fosse in pericolo di salute, basterebbe un’invocazione, un appello verso l’Alto.

Come fecero Marta e Maria dopo la morte di Lazzaro

E non è così! Lo si vede nelle battaglie della vita, di fronte a lunghe malattie o traumi. Oppure ancora a brutti scherzi della vita, situazioni impreviste e imprevedibili.

In quei momenti la forza della Fede di noi poveri cristiani, tentenna, vacilla. A volte tracolla. Altre volte ci porta ad allontanarci. Infine, nella saldezza della Fede c’è la preghiera di persone come mia madre che sono diventate anziane così, con l’unico significato che si dà alla Fede: la preghiera.

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